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A rivista anarchica n47 Maggio 1976 Generale Maletti, Rumor ha parlato: confessa! La pista tricolore della strage di Stato di R. Brosio

23 ottobre 2011

Quando sei anni fa scrivevamo che le responsabilità della strage di piazza Fontana andavano fatte risalire alle alte sfere dello Stato, le sinistre democratiche alzavano le spalle e non davano peso alle solite accuse dei soliti anarchici “fissati e vittimisti” – Sei anni dopo, però…

E così Maletti e La Bruna, rispettivamente generale e capitano del SID, massimi 007 del Servizio Segreto Italiano, sono finiti in galera. L’accusa principale è di aver favorito la fuga del fascista Pozzan, sul quale gravano pesanti sospetti di essere, con Freda e Ventura, uno dei responsabili diretti della strage di Piazza Fontana, nell’ormai lontano 1969. Inoltre, pare che i due solerti funzionari abbiano anche tentato di far evadere lo stesso Freda, avvalendosi dei servigi di Guido Giannettini, altro irreprensibile galantuomo attualmente in galera, sempre per le bombe del 1969. Le giustificazioni degli accusati (non conoscevano la reale identità di chi li aiutavano ad espatriare) sono tanto misere da diventare quasi delle prove a carico, ma non è questa l’unica considerazione cui la vicenda si presta.

Infatti, se Maletti e La Bruna hanno tenuto mano ai fascisti, se li hanno protetti anche dopo che ignari magistrati li avevano formalmente incriminati per la strage del ’69, significa che essi stessi non vi erano estranei, e se quindi neppure il SID, per quanto corpo separato, si è dato da fare ad organizzare congiure da solo, senza preoccuparsi di ricercar coperture “più in alto”, c’è da supporre che qualche rappresentante della classe politica fosse, per lo meno, a conoscenza dei maneggi e delle trame, se non addirittura, li abbia ispirati. C’è, ampiamente, da rabbrividire al pensiero di quale razza di “tutori dell’ordine democratico” imperversi nel nostro paese. Queste, si badi, non sono illazioni gratuite, avanzate dai “soliti anarchici” dalla mente distorta. Sono discorsi che, in tutta serietà, abbiamo trovato sulla maggior parte dei giornali, a commento dell’incriminazione di Maletti e La Bruna. Noi, gli anarchici dalla mente distorta, non abbiamo più bisogno di farli. Queste verità le abbiamo affermate da tempo, fin dal giorno dopo le bombe, mentre la polizia ci perquisiva le case, le sedi, le redazioni, mentre i compagni venivano fermati in questura (ma non “fermati” quando “si buttavano” dalla finestra), mentre i giornali sproloquiavano sul terrorismo anarchico, sulla nostra malvagità e sete di sangue. Abbiamo subito indicato all’opinione pubblica non solo l’innocenza di Valpreda, non solo l’assassinio di Pinelli, ma anche la matrice statale della strage, la sua funzione provocatoria e reazionaria, la sua attitudine ad essere sfruttata per scopi autoritari. Abbiamo parlato per primi di strategia della tensione e per primi ne abbiamo indicato i responsabili e gli esecutori: classe politica corpi separati dello stato, organizzazioni fasciste. E anche dopo, quando l’idea dell’innocenza di Valpreda in particolare e degli anarchici in generale è stata accolta dal potere politico e giudiziario, per spostare il tiro sui fascisti e sulle “trame nere” anche allora abbiamo ribadito che i fascisti non erano che dei burattini, che le responsabilità organizzative, di gestione e utilizzazione dell’intera vicenda, andavano ricercate più in alto.

Ma, si sa, erano discorsi da anarchici fissati e vittimisti, e quindi avevano scarsi valore. I discorsi “seri”, “obiettivi”, “confortati dai fatti” erano quelli che il potere ammanniva ai cittadini, cioè il balletto delle versioni ufficiali sempre più imbarazzate e sempre più reticenti: sono stati gli anarchici, forse sono stati gli anarchici, forse sono stati i fascisti, sono stati i fascisti, sono stati i fascisti forse aiutati da qualcuno… Noi abbiamo sempre detto “è stato lo Stato” (si perdono il bisticcio) e non vediamo ormai come sia possibile negarlo, se è vero che il SID ha amministrato l’intera strategia della tensione, se ha intrallazzato con loschi figuri dalle ambizioni golpiste, se ne ha coperto le imprese con una rete di connivenze e di quattrini. Ma a suo tempo, ci è stato risposto che esageravamo, che parlavamo per partito preso, che le nostre interpretazioni erano frutto di preconcetti anarchici sul potere. Di più, per queste nostre “esagerazioni”, per questi nostri “preconcetti”, siamo stati spesso chiamati in tribunale e condannati per le offese che arrecavamo sulla nostra amata democrazia. Come la mettiamo adesso? Come si sentono quelli che hanno seguito pedissequamente la trafila delle versioni ufficiali, che sono partiti segnandoci a dito come mostri sanguinari, che hanno accettato di cambiare un po’ delle loro idee ogni volta che una nuova versione veniva loro proposta, e che adesso si ritrovano a dover dare ragione? Come si sentono i giornalisti che si sono offesi quando li abbiamo chiamati pennivendoli del regime, voce del padrone? Cosa dicono i poliziotti che ci hanno denunciato per vilipendio delle istituzioni, i giudici che ci hanno condannati?

Ma la gente, si sa, ha la memoria corta, specie quando i ricordi sono imbarazzanti. Qualcuno obietterà che stiamo facendo del chiasso fuori luogo, perché Maletti e la Bruna non sono ancora stati riconosciuti colpevoli, sono solo accusati e come tali hanno diritto al beneficio del dubbio, alla sospensione del giudizio in attesa del verdetto finale. A parte il fatto che, nel nostro paese, i “verdetti finali” sugli uomini del potere hanno il valore che tutti sappiamo (oltre a non essere molto solleciti), non possiamo fare a meno di notare che un tale trattamento non sarebbe esattamente quello che ci è stato riservato ai tempi della strage. Anche noi eravamo soltanto accusati eppure siamo stati definiti “mostri”, “bestie umane”: vi ricordate i titoli dei giornali, nei giorni dell’arresto di Valpreda? Possiamo avere il permesso di usare gli stessi termini per Maletti e La Bruna? I morti, i mutilati, il sangue sparso a litri nel salone devastato della Banca dell’Agricoltura, la teoria di bare sul sagrato, tutto questo pesa ora sulla loro coscienza e con il sostegno di prove assai più convincenti che la testimonianza di un tassista ubriacone e bugiardo. Possiamo allora frugare nella loro vita intima, gettar fango sulle loro abitudini, inventare qualche particolare piccante? Possiamo toglierci il gusto di andare a dir loro (un “normale espediente inquisitorio”): “Rumor ha confessato, parlate!”, per vedere se si buttano dalla finestra?

È chiaro che non possiamo. Per Maletti e La Bruna, a motivazione di quanto hanno fatto, non si possono tirare in ballo distorte idee anarchiche, le frustrazioni di ballerino fallito, il piede zoppo per il morbo di Bürger. Essi hanno in testa, certamente, sani propositi d’ordine e legalità, la loro carriera passata è brillante, il loro fisico non sarà quello di James Bond, ma è comunque esente da deformità. Quello che hanno fatto, l’hanno fatto per servizio, per dovere, per ragione di stato. Per loro, si può parlare soltanto di “deviazione dai compiti istituzionali”, non di strage. Soprattutto, se ne può parlare sette anni dopo, quando nessuno si ricorda più nulla, in margine ad un processo che non si farà mai.

Il vero criminale è lo stato? Per carità, tutti preconcetti.