Umanità Nova n7 27 febbraio 2000 Non ci sono poteri buoni. Milano: iniziato un nuovo processo per la strage di piazza Fontana di Luciano Lanza

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Diciamocelo chiaramente: questo nuovo processo per la strage di piazza Fontana (l’ottavo senza contare due interventi della Cassazione) è importante perché, almeno nelle premesse, ribalta completamente la vergognosa realtà processuale uscita dalla lunga sequenza giudiziaria conclusasi nel 1991 con l’ultima assoluzione del capo di Avanguardia nazionale Stefano Delle Chiaie, ma se riflettiamo in modo disincantato dobbiamo ammettere che in sé il processo non ha un grande significato storico. E i motivi sono diversi. Qui cercherò di elencarne qualcuno.

Partiamo dagli imputati. I quattro neonazisti di Ordine nuovo sotto processo sono certamente di rilievo, ma appaiono subito insufficienti. Certo c’è Delfo Zorzi, capo del gruppo di Ordine nuovo di Venezia-Mestre (secondo l’accusa è l’autore materiale dell’attentato), ma se ne sta tranquillamente in Giappone di cui è diventato cittadino. Nessuno ha chiesto la sua estradizione e sicuramente non verrà mai estradato. Insomma un processo senza l’imputato principale. Ci sono invece Giancarlo Rognoni, Carlo Maria Maggi e Carlo Digilio. Rognoni, ex capo del gruppo neonazista milanese La Fenice, avrebbe dato il supporto logistico a Zorzi nell’esecuzione della strage, Maggi era il capo di Ordine nuovo nel Triveneto, in pratica la mente organizzativa. Un discorso a parte merita Digilio. L’armiere del gruppo era anche un informatore dei servizi segreti delle basi Nato di stanza a Verona. Lui, quindi, rappresenta l’anello che unisce l’attività terrorista di Ordine nuovo con la strategia del terrorismo che doveva stabilizzare la situazione socio-politica in Italia. Vale a dire la strategia perseguita da Casa Bianca e Pentagono.

Ma l’aspetto più rilevante, sempre dal versante imputati, è chi non c’è. Alcuni non ci sono perché morti. Quattro nomi per tutti: Giuseppe Saragat, ex presidente della repubblica, Franco Restivo, ex ministro dell’Interno, Vito Miceli, ex capo del Sid e Mariano Rumor, presidente del consiglio all’epoca della strage. Sono personaggi di rilievo, ma i trent’anni che ci separano da quei fatti non potevano non fare qualche “vittima naturale”.E poi non ci sono sul banco degli imputati personaggi ancora vivi, ma divenuti ormai intoccabili, anzi santificati dopo assoluzioni in altri processi di mafia e di omicidi. Avete già capito tutti che il riferimento è al sempreverde Giulio Andreotti.

Così come non ci saranno gli agenti dei servizi segreti americani coinvolti nella faccenda e non ci sarà nemmeno Gianadelio Maletti, capo dell’Ufficio D del Sid. Se ne sta in Sudafrica e nessuno lo scomoderà dal suo “esilio dorato”. Ma non ci saranno nemmeno i famosi Giovanni Ventura e Franco Freda, perché assolti con sentenza definitiva. Non è un caso che il giudice Giancarlo Stiz, il primo che imboccò la pista nera che ridicolizzava quella seguita dai magistrati romani Vittorio Occorsio ed Ernesto Cudillo (accusatori degli anarchici nonostante l’inconsistenza e assurdità delle prove), si sia recentemente espresso con toni rassegnati e disgustati su quanto è successo nelle aule giudiziarie italiane.

Processo ieri e oggi. Altro elemento non certo esaltante. Se il processo si fosse celebrato a Milano nel 1972 avrebbe sicuramente avuto altri effetti sulla situazione politica. Ma allora il processo non iniziò nemmeno nella città dove era avvenuta la strage (dopo che i giudici di Roma avevano buttato la spugna visti gli esiti disastrosi per l’accusa sin dalle prime battute del dibattimento) perché il procuratore generale del capoluogo lombardo, Enrico De Peppo, sostenne che quel dibattimento avrebbe scatenato qualcosa di molto vicino alla guerra civile: il palazzo di giustizia sarebbe stato ostaggio della “contestazione rossa”. Così il dibattimento fu trasferito a Catanzaro. E con gli esiti voluti da chi non voleva la verità sulla strage e sulla strategia della tensione: tutti assolti, anarchici e nazisti.

Ebbene un processo a Milano nel 1972 non avrebbe scatenato la guerra civile, ma sicuramente sarebbe stato l’occasione per una grande mobilitazione che avrebbe messo in evidenza le contraddizioni di un processo gestito in modo da occultare la realtà. Sarebbe stato l’occasione per mettere sotto accusa il sistema politico, giudiziario, poliziesco. Insomma il procuratore generale di Milano nel richiedere il trasferimento da Milano del processo per motivi di ordine pubblico aveva fatto solo il suo lavoro (sporco) di servitore dello Stato, cioè dello Stato che aveva fatto mettere le bombe e che non voleva essere processato nelle piazze oltre che nelle aule dei tribunali.

Ma adesso, se diamo retta a un recente sondaggio, la maggioranza degli studenti medi milanesi non sa chi è Pietro Valpreda (66,2 per cento) e nemmeno di Giuseppe Pinelli (70 per cento). Mentre la maggioranza crede che ad aver compiuto quell’attentato siano state le Brigate Rosse, che all’epoca nemmeno esistevano, 43 (per cento), la mafia (39), gli anarchici (25) o i fascisti (23). E allora a che cosa serve questo nuovo processo? A stabilire anche in tribunale che i neonazisti erano la manovalanza di questa strategia? Qualcuno può pensare che questo sia un passo importante? Personalmente ne dubito perché ormai a livello storico (perché dopo trent’anni soltanto di storia si tratta) è un fatto assodato che in quella strage gli anarchici sono serviti come capri espiatori, come è assodato che in questa faccenda criminale sono coinvolti i più alti livelli dello stato, della politica, della magistratura, della polizia, dei servizi segreti. Il tutto sotto la direzione della CIA e dei servizi NATO. Cioè gli esecutori delle direttive della Casa Bianca e del Pentagono.

Inoltre il nuovo processo avrà sicuramente tempi lunghissimi (come vuole un copione collaudato) visto che la difesa di Delfo Zorzi ha deciso di chiedere l’audizione di centinaia di testi: dai capi della CIA ai presidenti degli Stati Uniti, dagli ambasciatori Usa in Italia ai capi delle forze armate americane e poi, per gli italiani, presidenti del consiglio, ministri dell’Interno e della Difesa, ministri degli Esteri, agenti dei servizi segreti.

Però! Se tutto sembra volersi risolvere in un nuovo processo all’italiana non sarebbe male che gli anarchici e tutti coloro che amano la verità facciano qualcosa. Non solo per rinfrescare la memoria (corta) su quanto è avvenuto, ma per far capire che certe cose non sono successe su Marte, ma qui e che se quella fu una strage di stato bisogna anche (come cantava Fabrizio De André) non “diventare così coglioni da non riuscire più a capire che non ci sono poteri buoni”.

Luciano Lanza

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