Controprocesso Valpreda
L’istruttoria rapita
Come annunciato ai lettori sul numero dello scorso settimana, «ABC» inizia il suo «contro processo» parallelamente a quello ufficiale che si sta celebrando in Corte di Assise a Roma. A questa prima tavola rotonda abbiamo invitato, assieme ad alcuni esponenti di «magistratura democratica», i registi Elio Petri e Giuliano Montaldo: sono gli autori di film come «Indagine su di un cittadino al di sopra di ogni sospetto» e «Sacco e Vanzetti». Il primo ha mostrato con terribile efficacia il funzionamento dell’apparato poliziesco-giudiziario nel nostro Paese, il secondo ha rievocato la tremenda vicenda di due anarchici italiani stritolati dalla struttura di potere in America negli anni venti. Questi due «piani» si incrociano sulla figura del protagonista del processo: l’anarchico Pietro Valpreda. L’imputato non soltanto ha sempre professato la propria estraneità ai fatti ma ha già dimostrato nel corso del dibattimento di non voler essere una vittima rassegnata. In prima udienza ha gridato rivolto al Pubblico Ministero: «Boia! Assassino!».
PARTECIPANTI
ELIO PETRI regista cinematografico («Indagine di un cittadino al di sopra di ogni sospetto» e «La classe operaia va in paradiso»)
GIULIANO MONTALDO regista cinematografico («Sacco e Vanzetti» e «Gott mit uns»)
LUIGI SARACENI magistrato ( Magistratura democratica )
GABRIELE CERMINARA magistrato ( Magistratura democratica )
MARIO BARONE magistrato ( Magistratura democratica )
ANGIOLO BANDINELLI segretario nazionale del partito radicale
LAURA LILLI giornalista
VIOLA ANGELINI professoressa di lettere
BRUNELLA CHILLOTTI segretaria nazionale del movimento laico
MAURO MERLI del movimento laico
CARLO MARCHESE del movimento laico
MASSIMO TEODORI giornalista
Dalla redazione romana
«ABC» – Chiediamo a Elio Petri di fare una piccola introduzione, tanto per dare un quadro della situazione generale in cui è venuto a trovarsi l’inizio di questo processo.
PETRI – Comincio volentieri, ma non fatemi sentire il «presidente»: noi siamo qui per riflettere e non per giudicare… Vorrei parlare prima di tutto delle sfumature che in genere sfuggono al lettore, sfumature che nella maggior parte dei casi, anzi quasi sempre, sono della massima importanza. Per esempio chi ha seguito le prime udienze del processo Valpreda dovrebbe essersi reso conto che il processo è stato fissato in concomitanza col viaggio di Nixon in Cina, col festival di Sanremo. Anche il processo di Clementi, l’attore accusato di detenzione di droga, è stato fatto in questi giorni. Bisogna dire che queste cose non sono casuali, ma studiate e volute e poi messe in atto.
Bisogna Sparare
BARONE – In questa sede, possiamo fare due cose: o una grossa analisi politica di tutto il fatto, oppure una specie di «tallonamento» al processo vero e proprio.
BANDINELLI – E’ impossibile scindere le due cose: automaticamente, parlando di una, si parla dell’altra.
MONTALDO – Le cose verranno fuori parlando. Tanto per continuare il discorso di Petri sul festival, non dimentichiamo il colpo di scena sul golpe di Borghese, né il caso Calzolari letteralmente sottratto a Vittozzi. Sono cose legate a Valpreda, ma alla stragrande maggioranza dell’opinione pubblica sfuggono. Proprio l’altro giorno, un tassista romano al quale avevo chiesto chi era secondo lui Valpreda, mi ha detto: «A quell’assassino bisogna sparare». Allora ho cominciato a spiegare alcuni fatti, per esempio l’affascinante ipotesi del sosia: si è fermato e ha cominciato a fare domande, voleva sapere tutto.
SARACENI – Con un discorso molto semplice si possono spiegare tutte queste cose. La gente si chiede perché si fa tanto clamore, se portare o no il processo a Milano. Secondo me questo ha poca importanza, in questo momento. Sicuramente però si può affermare questo: l’istruttoria è stata fatta da un giudice incompetente. Il che non significa necessariamente che la Corte di Assise di Roma sia per forza incompetente. Ma una cosa è certa: il processo si è voluto fare a Roma e lo si è fatto a costo delle più clamorose e nelle stesso tempo elementari violazioni di legge. Cominciamo da capo. Fin dal 18 dicembre Occorsio contesta agli imputati anche la bomba della Comit, sicuramente collocata dopo le altre bombe, come fatto di strage. Formulando in questo modo l’imputazione, è Occorsio stesso a dire con molta chiarezza e senza ombra di dubbio che lui è incompetente, però il processo lo vuole fare lo stesso.
ANGELINI Però hanno rimediato dicendo che la bomba alla Comit di Milano non la consideravano più strage ma trasporto di materiale esplosivo.
SARACENI – Arriviamoci cronologicamente. Nel marzo il processo passa da Occorsio nelle mani del giudice istruttore Cudillo. Anche lui, il 17, fa il suo bravo, mandato di cattura e ribadisce ancora i famosi punti che erano stati messi in evidenza da Occorsio. Anche Cudillo in pratica dice: «Non sono competente, ma procedo io».
LILLI – Sempre definendo strage la bomba della Comit.
SARACENI – Sì, e come se non bastasse, la stessa cosa si ripete in luglio, con la stessa cronologia, salvo un errore materiale nel mandato di cattura che o è un lapsus oppure indurrebbe a ben altre valutazioni. Infatti, pur essendo pacifico negli atti che la bomba a Roma è stata collocata alle 16,15, nel mandato di cattura si indica come ora di collocamento le 16,35. Ma proprio in quei giorni Cudillo è investito dalla questione della competenza dai difensori dei parenti di Valpreda, che gli fanno un’eccezione. Cudillo risponde sibillinamente «… ricorrono pertanto tutti i presupposti di fatto e di diritto perché la competenza sia del tribunale di Roma», senza però specificare quali sono questi presupposti.
MERLI – Dopo l’eccezione della difesa, cambia qualcosa?
SARACENI – Niente, ma si corre ai ripari. Acquisite tutte le prove, al momento di emettere la sentenza, Occorsio e Cudillo capiscono che non possono insistere, e allora stranamente si inteneriscono nei confronti degli imputati. Per normalizzare la situazione quindi, Occorsio e Cudillo trasformano l’accusa di reato di strage a trasporto di materiale esplosivo. Così, secondo gli orari, eliminata la bomba della Comit, rimane quella della Banca Nazionale del Lavoro di Roma, e quindi la competenza è a Roma.
Perché Roma
CHILLOTTI – Ma Falco potrebbe mandare il processo a Milano?
CERMINARA – Secondo me, se lo manda a Milano glielo rimandano indietro. A meno che non lo mandi in Cassazione per il cosiddetto conflitto di competenza. Oppure potrebbe ricordarsi della bomba della Comit e decidere che l’istruttoria è nulla, ma anche qui le cose sono complicate.
MARCHESE – Quindi l’obiettivo era spostare il processo a Roma.
SARACENI – Ecco che saltano fuori i motivi politici. Se con l’intervento dell’avocato Spazzali la corte dichiarasse nulla l’istruttoria, questo significherebbe scarcerare gli imputati..
MONTALDO – Ma a questo non arriveranno mai, è un’ipotesi politica folle.
SARACENI – Ricordiamo ancora certi fatti. Isoliamo per un momento le bombe e parliamo solo di quelle a piazza Fontana. L’istruttoria resta formalmente a Milano fino al 22 dicembre, data in cui il procuratore della Repubblica di Milano, De Peppo, trasmette a Roma gli atti con una lettera: «… come da precedenti accordi telefonici con codesto ufficio, si trasmettono gli atti…» ecc.
«ABC» – Lo stesso De Peppo che il giorno dopo il «suicidio» di Pinelli appare in televisione per dire che la polizia ha agito sempre nel rispetto della legalità e che nel caso di Pinelli non c’era stato il tempo per trasmettere l’avviso di fermo, coprendo quindi le illegalità della polizia.
SARACENI – …Dicevamo che gli atti restano a Milano, nelle mani di Paolillo, fino al 22 dicembre. Ma il famoso confronto Valpreda-Rolandi si fa a Roma il 16 dicembre, quando Occorsio non è ancora formalmente investito.
Cinque punti
TEODORI – Paolillo è stato letteralmente, clamorosamente defenestrato, perché aveva rifiutato la perquisizione in casa Feltrinelli, perché aveva ripetutamente scarcerato Claps e perché aveva rifiutato di sottoporre a intercettazione il telefono dell’avvocato Boneschi.
«ABC» – Se Claps non trovava Paolillo, adesso sedeva vicino a Valpreda.
SARACENI – Certo. Per neutralizzare Paolillo, allora si prende Valpreda e si porta a Roma, a sua insaputa.
«ABC» – Il motivo, secondo noi, sta in questi cinque fatti: 1) a Treviso c’è il giudice istruttore Stiz contro Ventura-Freda; 2) a Milano c’è il giudice istruttore D’Ambrosio per Pinelli; 3) a Roma, al giudice Vittozzi viene «carpita» la pratica Calzolari, e viene denunciato (questo giudice aveva creduto opportuno riaprire la pratica dopo che era stata archiviata); 4) sempre a Roma c’è l’istruttoria a carico di Borghese, il principe nero, che è finita, guarda caso, con la scarcerazione di tutti per mancanza di indizi. Borghese arriverà quanto prima vittorioso; 5) Ancora a Roma si procede contro i giornalisti Barberi e Fini, autori del più recente volume su Valpreda. Quindi a Roma le piste fasciste sono chiuse, mentre a Milano e a Treviso sono ancora aperte
MONTALDO – Ecco perché il processo Valpreda non si poteva fare a Milano. Il potere politico non si poteva permettere il lusso di tenere un processo di questo tenore lontano e in mano a un Paolillo. Ci voleva Occorsio. Non dimentichiamo che dopo l’autunno caldo Occorsio fu il primo magistrato che fece arrestare un giornalista, Tolin, per un reato di opinione.
ANGELINI – Perché proprio Occorsio?
«ABC» – Perché Occorsio è l’unico magistrato che ha letto integralmente il rapporto sul SIFAR, senza gli omissis di Moro. E Occorsio, guarda caso, il 12 dicembre 1969, quando scoppiarono le bombe, era di turno a Roma. Sarà una coincidenza, ma è molto strano. Significa che, coincidenza o no, i fatti gravi che succedono in quel giorno sono suoi
Individui istintuali
PETRI – Abbiamo, credo, messo in evidenza perché il processo Valpreda è stato voluto qui. Adesso mi chiedo: ma perché se Valpreda è innocente (e lo è) gli avvocati vogliono spostare il processo e quindi far perdere tempo? Questa è la domanda che si pone l’uomo comune che vuole semplicemente la verità. Qui bisogna far capire che le cose sono due: 1) un grosso risultato sarebbe certamente l’annullamento della sentenza istruttoria e quindi la scarcerazione degli imputati; 2) il trasferimento a Milano del processo significherebbe invece rinviare tutto di un anno. Ma Valpreda è innocente, lo predichiamo da due anni e sarebbe una sconfitta politica ritardare il giudizio di 1 anno.
SARACENI – Sono d’accordo con Petri. L’eccezione sulla competenza territoriale non bisognava farla. Più giusto è stato invece attaccare, anche sotto il profilo della competenza, l’istruttoria. E Spazzali, uno degli avvocati della difesa, ha proprio fatto questo.
PETRI – Valpreda è un uomo semplice ed è logico che dica «Sono innocente, adesso che posso provarlo, non voglio perdere tempo». Io farei come lui.
BANDINELLI – Non a caso è stato scelto Valpreda per le bombe, e non a caso è stato scelto Occorsio per lui. Infine, non a caso hanno scelto Falco: per lui, Braibanti e Valpreda appartengono alla società «istintuale», sono formiche, sono da schiacciare, da condannare.
PETRI – Sì, Valpreda è un ballerino, e i ballerini chi sono? Deviati, anormali, drogati, a meno che non siano Vassiliev, anzi Don Lurio, cioè gente di «successo».
Rivoltelle fumanti
MONTALDO – Questa è anche la storia degli anarchici. Come si fa a non ricordare certe cose? Sono passati 50 anni, e adesso si dice finalmente che le bombe di Wall Street erano bombe fasciste. Sempre 50 anni ci sono voluti per riconoscere che Sacco e Vanzetti furono il pretesto per scatenare le razzie contro gli emigranti, contro i rossi. Come si fa a non ricordare l’incendio del Reichstag a Berlino, incendio nazista e attribuito a un comunista? E le bombe del cinema Diana a Milano? Curiosamente, abbiamo sempre dovuto aspettare 50 anni per addebitare alle destre quello che si attribuiva sempre agli anarchici. Ma chi sono gli anarchici? Sono quelli che hanno ucciso solo i tiranni, come teste esemplare e che, appunto per questo, si fanno trovare dalla polizia con la rivoltella fumante ancora in mano, con le mani nel sacco insomma. Questo è il panorama, oggi, del processo Valpreda. Non aspettiamo cinquant’anni per dimostrare che Valpreda e l’anarchia non c’entrano.
PETRI – Il giudice che crede di potersi porre di fronte a una vicenda del genere al di sopra delle parti in causa, che sono le classi sociali, in realtà soggiace alle tendenze e ai condizionamenti della «maggioranza silenziosa». Per la «maggioranza silenziosa» Braibanti, Clementi, e ora Valpreda sono il frutto dei disordini, delle lotte sindacali, delle rivendicazioni della classe operaia. Per loro, dove non c’è il padrone, c’è disordine, bombe… Valpreda. Ma il giudice, se vuole arrivare veramente alla verità, deve essere non al di sopra delle parti in causa, ma al di sopra di questo tipo di condizionamento. Anche quando deve giudicare il ladro di un chilo di arance.
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I protagonisti in toga
Giuliano Spazzali
L’avvocato nativo di Trieste ma milanese di adozione che per primo ha scoperto le batterie sparando a zero sulla sentenza istruttoria del processo Valpreda è noto negli ambienti giudiziari del capoluogo lombardo per essere stato il difensore degli anarchici accusati ingiustamente degli attentati dinamitardi alla Fiera di Milano. Durante quel processo, Spazzali riuscì a demolire le affermazioni della principale teste d’accusa, la maestra Zublema, rivelando e provando come la stessa fosse una mitomane. Anche nel processo Capanna-Trimarchi l’avvocato Spazzali ha brillato per la sua vivace polemica e per la limpidezza con la quale ha criticato i sistemi giudiziari.
Oggi Spazzali torna alla ribalta difendendo Enrico Di Cola nel processo Valpreda: con un lungo intervento ha dimostrato alla Corte di Assise romana come questo processo è stato rapito al giudice naturale. Una sua polemica affermazione durante l’esposizione delle eccezioni procedurali è stata particolarmente significativa. «Se la causa fosse spostata a Milano mi dispiacerebbe molto non avere contro il dottor Occorsio perché questa è davvero la sua causa» ha affermato Spazzali. Questa dichiarazione ha fatto sobbalzare sulla sua poltrona il PM che ha chiesto al presidente di far verbalizzare le parole del suo contraddittore.
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Udo Lemke estradato
Noi avevamo per prima volta dato la notizia che Udo Lemke era scomparso («ABC» numero 8 del 25 febbraio). Il giovane tedesco hippy aveva raccontato ai carabinieri di aver visto in Piazza Venezia tre fascisti di sua conoscenza fuggire dopo l’attentato all’Altare della Patria. Poi era praticamente scomparso. Oggi si è saputo che Lemke, accusato di detenzione di ben nove chili di hashish, è stato accompagnato alla frontiera e rispedito in Germania con il divieto di rientrare in Italia. Così il tredicesimo testimone del processo Valpreda è stato messo nell’impossibilità di testimoniare, sempre nell’affannosa ricerca della verità